La capacità di saper raccontare con un testo narrativo non è cosa facile e di saperlo raccontare con la poesia è ancora più difficile. Ne è capace il talento del musicista, poeta e scrittore Alessandro Pierfederici, con la sua poetica intensa e struggente.
Non la solita poesia, trita e ritrita, non i soliti pensieri, ma qualcosa di realmente valido che raramente mi capita di leggere. Profondità di stesura ed emozionale caratterizzano il volume “Schiudeva primavera le corolle”.
Una raccolta di poesie che non lascia indifferenti. L’autore racconta la sua vita, i suoi rimpianti, la sua malinconia, ma al tempo stesso racconta di tutti noi; i suoi versi sono lo specchio della nostra anima, ci colpiscono perché sono senza filtri, perché è come se li avessimo scritti noi.
Ecco quindi la capacità di Alessandro nel rendere universale un qualcosa di profondamente personale. L’amore di gioventù è uno dei temi trattati, con il rimpianto di ciò che è stato, come in questi versi è ben spiegato:<<Passa nel cielo una nube lontana, un ricordo d’amore, che lenisce un istante la grigia sofferenza della vita…>>
L’amore e la vita, la consapevolezza del tempo passato. Il ricordo però è pronto a curare la malinconia, è caverna in cui ripararsi, è conforto nelle ore lente.
Ed ancora la realtà dura della vita che scorre, il buio che si fa sempre più scuro, la certezza della fine per ogni essere umano. Un tema importante che il Pierfederici descrive con poche e intense pennellate:<<Ho perduto il candore dell’infanzia innocente: m’attendono, grondanti di sangue, bramose le fauci del mostro della vita>>.
La poesia di Alessandro Pierfederici si fa messaggero del sentire, del vivere, dell’amore svanito, della malinconia, dell’innocenza perduta. Poesie che confortano, che portano comunque alla certezza che la vita è potenza, è ubriacatura di sensi, ma anche dolce e struggente ricordo dello scorrere del tempo.
Daniela Merola
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