In questo crime a quattro mani ritmato e notevole, oltre a proseguire un degno omaggio letterario alla loro Milano, Carcano e Maimone affrontano un tema morale sempre sottilmente d’attualità nell’opinione pubblica odierna: quello della giustizia-fai-da-te, relazionata alla Giustizia invece sedentaria e (secondo la vox populi) inefficace come la statua che adorna il cortile dell’omonimo palazzo meneghino.
Un sentimento di rivalsa, questa voglia di giustizia (con iniziale minuscola o maiuscola che sia), che accomuna l’uomo della strada – sempre più penetrato da un senso di insicurezza – e chi delinque, perché ne “Il fiore della vendetta” i confini tra bene e male nonché i profili dei personaggi – secondo uno dei dettami basilari del noir – non sono netti, pur comparendo molti rappresentanti delle forze dell’ordine perfettamente integerrimi.
Come spesso nel crime odierno, l’enigma e la suspense non si concentrano sull’identità dei colpevoli, quanto nell’evoluzione delle azioni delittuose e delle indagini. In tal modo si rafforza l’impressione di contiguità tra legalità e chi la infrange: se gli uomini di legge, in loro esponenti non certo secondari, si sporcano le mani, di converso non manca certa spinta “ideale” sul versante dei malavitosi.
La prospettiva alterna le azioni di polizia e carabinieri alle mosse dei criminali: non ne deriva un’equiparazione etica, quanto piuttosto il senso di un risiko pervasivo che coinvolge e contamina l’intero territorio urbano, dalle cascine dismesse agli studi professionali più rinomati; più ancora che una caccia all’uomo (o agli uomini), il focus romanzesco insinua un riaffiorare di verità inconfessabili – legate ad anni non lontani i cui conti ritornano nell’oggi – le quali ricompongono i pezzi di un puzzle contemplato secondo la logica della vendetta, che se consumata fredda sa essere implacabile e spietata.
Passato e presente nel romanzo si rimpallano reciprocamente con scansione incalzante nel rievocare le vicende legate all’attentato di via Palestro a Milano del luglio 1993, evento di punta nel famigerato contesto della trattativa Stato-mafia che oramai, a distanza di un trentennio, dalla cronaca si sta consegnando ai manuali di storia.
Ma le conseguenze sono ancora lì, vive nelle ferite fisiche e psichiche, e agitano personaggi di vario tipo, animando una trama metropolitana di estrema precisione cronologica e toponomastica: strade e vie, descritte con precisione da Navigatore, rendono Milano la vera protagonista della vicenda. Ciò è in piena sintonia con la vocazione “diatopica” (rappresentativa delle varie realtà locali italiane da nord a sud) cui Carcano intende dar voce tramite la collana “Giungla gialla” da lui diretta presso Mursia, assecondando una tendenza – quella raffigurante i vari localismi regionali e cittadini – ormai consolidata sia nelle declinazioni letterarie del crime, sia nelle sue trasposizioni televisive e filmiche.
Un siffatto dedalo di strade e piazze, dove tutto sembra nominato e conoscibile mentre è solo il décor di misteri e apparenze ingannevoli, esalta il pulsare glamour e al tempo stesso putrescente della città, il bianco e il nero di un benessere talvolta esagerato e cocainomane, sempre più foriero di vizi e squilibri sociali.
In definitiva si è al cospetto di un eccellente legal thriller nella sua versione poliziesca – da distinguere rispetto alla sua variante più ortodossamente tribunalizia –, dove l’azione accomuna buoni e cattivi nel delineare contorni e limiti del vivere civile.
Con mani sicure e affiatate, Carcano e Maimone continuano ad assicurare a Milano il suo “romanzo criminale”.

Il libro:
Fabrizio Carcano – Giorgio Maimone, “Il fiore della vendetta. La bomba di via Palestro continua a uccidere”, Milano, Mursia, 2025