Giornata Mondiale della Salute Mentale. RSA, RSD: acronimi dolorosi

da | 10 Ottobre 2025 | Attualità, Libri

Neppure sotto tortura rivelerò il perché di questa
Esperienza terribile e molto di più che devastante
Ancora mi chiedo come sia potuta accadere e resta
Sempre la ferita che sarà difficilmente rimarginante.

La vecchiaia, altro non è che una bestiaccia brutta
Hai voglia d’indorarla con pillole di saggezza ritrite
Al pari di un vulcano che fuoco, lava e lapilli erutta
Niente miracolose cure né il baratto con altre vite.

Se nella testa un corto circuito ha bruciato l’impianto
I fili non si possono riparare ché si sono fulminati
Occhi spenti, frasi senza senso, urla senza pianto
Non autosufficienti, sulle carrozzine sono ingabbiati.

L’inquinamento acustico alle tre, alle quattro di notte
Per cambio igienico, le luci accese, è traumatizzante
I campanelli che suonano, e tutte le aiutanze ridotte
Minano l’equilibrio di chi il cervello l’ha funzionante.

“Gli ospiti” neppure si rendono conto della loro vita
Ripetono fino allo sfinimento sempre le stesse cose
Straziata e impotente vivi questa via crucis infinita
Davvero pochi gli svaghi in quel giardino senza rose.

Personale tutto straniero e per l’ora d’aria le badanti
Dicono che certi lavori i connazionali più non li fanno
Sordi, ciechi, disabili, le urla e il delirio di sguaiati canti
Retta mensile altissima! I senza reddito come faranno?

Sono davvero poche le persone col ben dell’intelletto
Genitori, mogli, mariti, figli, preoccupati e rassegnati
A gambe all’aria il sogno, cancellato è ogni progetto
Ma il cielo ha preferenze? C’è da rimanere scioccati.

La crudeltà di certe malattie è difficile da accettare
È pari a un pugno nello stomaco sferrato ogni giorno
In questa valle di lacrime pare impossibile continuare
Il viaggio è di sola andata senza il biglietto di ritorno.

All’inizio facevo fatica a guardarli, era troppo doloroso
Fissavo un punto vago, gli occhi coperti da lenti scure
Chissà come si riesce ad essere così tanto coraggioso
Da cacciare i demoni che nella testa instillano le paure.

In un mondo agonizzante forse loro soffrono di meno
“Da quanto tempo sei ospite?” Chiedo con un filo di fiato
“Non lo so, sono svenuta” dice, lo sguardo è quasi sereno
“Al risveglio ero qui”. Marito morto da due anni l’ha scordato.

Mi sono molto affezionata a D. una persona speciale
Era l’unica in carrozzina ad avere il codice di uscita
Che si era innamorata, ricambiata, di un uomo vitale
Ma che il destino avverso l’aveva ancor di più colpita.

Le nozze, già fissate per settembre, al dito l’anello
Ma quel dì di maggio lui non rispose al solito saluto
Il capo reclinato, pareva dormisse su quello sgabello
Non oso immaginare lo strazio di quel suo urlo muto.

Contagiata da una tosse che mi toglieva il respiro
Consolavo una lucida novantenne che s’incolpava
Difficile chiudere gli occhi e dormire come un ghiro
Solo l’aria condizionata giorno e notte l’afa alleviava.

I giorni passavano, ma un mese non dura un istante
Tanti, troppi i disagi che mi è difficile raccontare
Credevo fosse più facile abituarsi seduta stante
Ma le macchie d’olio sull’acqua non possono annegare.

Cosa strana è che collego a quei giorni ogni mia ora
Mai dimenticherò quei volti e quello sguardo stranito
Forse troverò il coraggio di una visita, ma non ancora
E qui, dolersi del proprio stato, è veramente inaudito.

Ma poi mi ritornano in mente di mia sorella le parole
Più grande di quattordici anni, a trentotto paralizzata
Emorragia cerebrale, poi altri quindici, e la frase che duole
“Meglio un tumore terminale di questa vita svuotata”.

Beati quelli che nel sonno varcano l’ultima soglia
O che sino all’estremo istante parlano con i loro cari
Le ho tenuto la mano accarezzandola, a mia madre sveglia
Poi dagli occhi chiusi una lacrima, e la sua luce su altri altari.

Maria Rosa Bernasconi

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