Chiamami Vita: il coraggio di vivere con la fine

da | 13 Maggio 2025 | Attualità, Libri

di Franca Spagnolo

Oggi nello spazio delle interviste immaginarie, ho incontrato un’altra protagonista del mio libro: “Mi vengo incontro”.

Dopo Rebecca ed Ester, ascolterò la voce profonda, lucida e coraggiosa della donna che dà anima al racconto “La formica”. Una voce che attraversa la malattia, la paura e la trasformazione, fino a toccare quel confine dove la morte diventa insegnamento e la vita una scelta radicale.  

Franca: Ciao. Come vuoi che ti chiami? Quando mi hai raccontato la tua storia, non hai fatto nessun cenno al nome. Perché?

Lei: Ciao. Il nome…è vero, non l’ho detto, perché in fondo non conta. Quando attraversi il dolore vero, ti spogliano anche di quello. Ti chiamano “paziente”, “caso”, “numero letto 17”. Io volevo che la mia voce parlasse per tutte: per chi ha avuto paura, per chi non ha detto nulla, per chi ha lottato in silenzio. Un nome può chiuderti in una forma. Io volevo essere libera. Ma se ti serve chiamarmi in qualche modo, chiamami Vita. Perché io sono rimasta!

Franca: Vita, cosa ti ha spinto a lottare?

Lei: L’istinto. Quello che hanno gli animali quando annusano il pericolo ma non scappano, ringhiano, graffiano ma restano. Poi c’è stato uno scatto, un pensiero che mi ha attraversato come un’ispirazione: non ho fatto tutto questo per cedere ora. Ero già sopravvissuta una volta, nel ventre di mia madre, in una vasca di sale. Il cancro mi ha solo ricordato che la mia forza era lì da sempre e che nessuno può togliermi il diritto di provarci. Io volevo vivere anche se tremavo. Anche se sanguinavo. Anche se non c’erano certezze. Solo un desiderio feroce…esserci ancora. Quello mi ha spinto.

Franca: Oltre la voglia di esserci, cos’altro spinge un essere umano a lottare, a guardare in faccia la morte e anziché odiare il male, amarlo? Cosa?

Lei: Il bisogno di significato. Quando ti accorgi che potresti morire, inizi a farti delle domande, a chiederti per esempio… perché sono qui? E in quella domanda c’è tutto: la rabbia, la resa, la fede e la fame di senso. Non lotti solo per restare viva, lotti per trasformare quel dolore in qualcosa che abbia valore. Io ho iniziato ad amare il male quando ho capito che non era lì per uccidermi. Era lì per spogliarmi. Per riportarmi all’essenziale. E quando ti resta solo l’essenziale, scopri chi sei davvero. Non più la donna con i capelli, con un seno, con un lavoro, con un futuro. Solo presenza nuda. E lì, in quella nudità, ho trovato la pace. Il male era divenuto un maestro. Amarlo era l’unico modo per guarire. Anche se morivo.

Franca: Cos’è per te la libertà? Mi hai raccontato di non aver voluto figli perché non volevi ti stravolgessero la vita. È così? Pensi che un figlio ti stravolga la vita a tal punto da paragonarlo al male? Perché?

Lei: La libertà, per me, è poter scegliere chi essere ogni giorno, senza sentirsi in colpa. È non dover rendere conto a nessuno dei propri vuoti, dei propri pieni, dei propri no. Si, non ho voluto figli. Non perché non fossi capace d’amare, ma perché sapevo che un figlio mi avrebbe chiesto di spostarmi da me stessa. E io, allora, non ero pronta. Forse non lo sono mai stata, e non me ne vergogno. Ho paragonato il male a un figlio perché come un figlio, ti chiede spazio, ti cambia il corpo, ti impone ritmi, ti sveglia di notte. Ti guarda dall’interno.  E soprattutto, ti costringe a fare i conti con te stessa. Solo che lui non nasce per crescere, nasce per distruggere. Eppure io l’ho fatto diventare altro. L’ho trasformato in una creatura a cui parlare, a cui insegnare. E nel farlo, ho smesso di avere paura. Forse la libertà vera è proprio questa: non fuggire più da ciò che ti fa tremare. Guardarlo e trovargli un nome che non ti faccia più male.

Franca: Chi è la formica?

Lei: La formica è tutto e niente. È una minuscola creatura che in apparenza non ha potere su nulla. Ma ha il potere di portare con sé il mondo, passo dopo passo. Ero io, quando mi sentivo così piccola, fragile, eppure, eppure quando guardavo la formica, vedevo la sua forza nel peso che riusciva a portare. Mi chiedevo come facesse. Come facevo io. La formica è il simbolo di chi, nonostante il dolore, non si arrende. Di chi, anche quando sembra che non ce la faccia, trova un motivo per continuare. La formica è la parte di noi che sopravvive. Che non cede mai, anche quando tutto sembra troppo pesante. È il supereroe che nessuno vede, ma che in realtà, salva il mondo con ogni suo piccolo passo. La formica è la forza che ci si regala, la speranza che non finisce mai, neppure quando sembra che la battaglia sia persa.

Franca: Perché la gente dovrebbe leggere la tua storia?

Lei: Perché Vita è il nome di chiunque voglia comprendere il significato profondo di Morte.

Franca: Vita, cosa vuoi aggiungere?

Vita: Il dolore mi ha spogliata, e sotto non c’era il vuoto. C’ero io.

Non cercate eroi. Guardatevi allo specchio, anche quando fa paura. È lì che comincia la vita.

Namasté

Franca Spagnolo

Franca Spagnolo

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